L’eclissi

Eclissi

“È tutta colpa dell’eclissi!”, aveva detto un uomo sulla sessantina entrando nel locale. “È tutta colpa dell’eclissi!”. Gli aveva creduto.
Già, gli aveva creduto. Si sa che l’eclissi porta con sé varie dicerie, un po’ di paura e timore reverenziale. Nel ventunesimo secolo lo sappiamo che è la luna che riesce a oscurare il sole, ma nonostante la nostra sapienza, c’è quell’attimo di tenebra che fa paura, che ci fa credere che il mondo si fonda con altro. Che possano comparire draghi e arpie e demoni a farci del male.
Lui ci aveva creduto al vecchio. Al pelato ben vestito e un po’ invasato, Sì. Perché li aveva visti. Aveva visto ombre danzare nel cielo e diventare sostanza. Prima filamentose, poi sempre più nette. Non tutti però avevano visto.
Dei suoi colleghi, solo lui. Nell’ufficio accanto, due ragazze. Ora nel bar, l’uomo sulla sessantina. Lui e gli altri pochi erano passati per dei visionari. O semplici timorosi. Come chi temeva il millennium bug. Stupide superstizioni. Per il millennium bug di sicuro. Quelle cose, però, lui le aveva viste. Solo che una volta tornata la luce, di loro nulla. Erano ombre seriche nell’oscurità dell’eclissi, appena percettibili. I movimenti veloci e fluidi erano incantevoli, ma difficili da seguire e da cogliere.
“Un prosecco”, chiese al barista. Tanto valeva berci sopra. Si passò la mano sui capelli scuri: ricordò tardi di averli rasati. Si aggiustò la sciarpa; era caldo nel locale, ma aveva mal di gola e temeva di peggiorare. Si guardò attorno. Tutti ridevano ascoltando quello che raccontava l’uomo.
Serrò labbra e mani e ripensò a quello, quella cosa, quell’ombra che l’aveva sfiorato. Aveva sentito brividi di terrore e piacere insieme. Mai nessuna sensazione era stata così ambigua, splendida e terribile allo stesso tempo. Ripensò al velluto che aveva percepito sulla pelle a quel quasi contatto. Ripensò all’immagine del filamento sensuale, in cui per un attimo credette di aver scorto uno sguardo. Due punti in cui il grigio schiariva e si fondeva con un tocco quasi impercettibile di verde. Poi nulla.
Potevano essere dei demoni. O dei fantasmi. Si era convinto, durante quella giornata, che fossero proprio fantasmi. Magari era sua nonna. Lei aveva gli occhi verdi, come i suoi: l’aveva amata molto.
Cominciò a sorseggiare il prosecco. Era gelato. Sentiva solo le bollicine sulla lingua, il sapore quasi nullo. O forse era solo colpa del raffreddore.
“Tu! Tu, ragazzo, mi credi?”. L’uomo sulla sessantina lo toccò, una minima pressione sulla spalla, e con occhi supplichevoli cercò la sua amicizia.
Era incredibile come, nonostante la tensione e l’impazienza, la sua mano fosse stata così lieve.
“Scusami”, rispose lui, “ non ti ho ascoltato.”
“L’eclissi! È successo qualcosa durante l’eclissi! Io credo che… che siano gli alieni!”
Tommaso rise. Non per prenderlo in giro. Sapeva cosa provava.
“Non credo esistano gli alieni. E se ci fossero, perché venire qui? Il nostro mondo non è poi così eccezionale”, rispose, “Però, sì, durante l’eclissi è successo qualcosa di strano. Su questo sono d’accordo.”
“Avete sentito? Sentito?”, gridò al bar intero, “Grazie amico”, disse solo a lui, schiaffeggiandolo forte sulla spalla.
Gli fece un po’ male. Strano era strano l’uomo.
Tommaso si alzò e pagò. Il prosecco mezzo bevuto ancora sul bancone. Si coprì meglio con la sciarpa. Il vento era freddo, nonostante fosse ormai fine marzo. Corse fino al suo appartamento. Non lo faceva da tempo, correre. Si fermò qualche centinaio di metri dopo, inspirando aria gelida che gli infiammò il petto. Maledetto raffreddore! Meglio camminare. Doveva proprio mettersi a dieta, o almeno fare palestra: la pancetta cresceva e il fiato diminuiva.
Entrò in casa e trovò Elisa che cucinava.
“Ciao, già a casa?”
“Oggi sì, sono riuscita a staccare prima.”
“Vista l’eclissi?”
“Uhm, no”, ripose distratta, mentre versava l’impasto delle crepes sulla padella. “Era occupata, non ci ho fatto caso.”
Ok, lei era tranquilla. Non le avrebbe detto nulla. Almeno non ora. Le spostò i capelli biondi e la baciò sul collo. Il suo odore era casa e tranquillità. Non aveva più paura.
Quella sera fecero l’amore. Lento e dolce. Nel mentre, quando il calore aumentava con l’elettricità nel sangue, vide, nettamente vide, il filamento grigio galleggiare sopra Elisa. Lui non si fermò, non aveva paura. Era solo curioso. Continuò con più convinzione a ricercare il piacere. Quando lui non riuscì più a trattenersi, quando esplose, non chiuse gli occhi come al solito, li fissò sul quel grigio cangiante verde. E capì. Lo vide calarsi pian piano dentro il ventre della sua donna, del suo amore. Lo vide avvilupparsi con eleganza, fino a scomparire, in un guizzo, quasi un sorriso.
Così capì, così seppe. Sarebbe stato di sicuro un bambino speciale.
Avrebbe avuto i suoi occhi verdi.
Ripensò all’uomo sulla sessantina. Gli venne da ridere, ma si trattenne. Elisa si sarebbe offesa.

La scrittura continua con l’incipit “C’erano un italiano, un francese e un americano. Sembra l’inizio di una barzelletta, invece la loro storia non è per nulla divertente”. Chissà cosa succede ai tre… Lo sapremo tra una settimana!

Monica Spigariol

Informazioni su Scrittori in Corso

Collettivo di scrittura e laboratorio di stile di scrittura creativa. Dal Marzo 2015 si promuove come ritrovo per autori emergenti e non, con lo scopo di migliorare la fruibilità delle produzioni letterarie contemporanee in un contesto di social media. Non costituisce una testata giornalistica ai sensi della legge n. 62 del 7-3-2001.
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Una risposta a L’eclissi

  1. Aniello ha detto:

    Questo racconto è un po’come quel “filamento grigio cangiante verde”: ti entra dentro pian piano, con eleganza, ma per fortuna non scompare e si può rileggere tante, tante e tante volte 🙂

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