Quarta di copertina

Otto della mattina, all’inizio di un caldo weekend estivo. Monica osservò la soglia e scosse la testa: avevano colpito ancora e questa volta era stato il turno del libro aperto, la copertina raffigurata al centro della saracinesca. Due uova si erano immolate sul metallo per proseguire placide verso il basso, con una scia amorfa giallastra e implacabile. Si chinò e, con l’ausilio di un kleenex, aprì il lucchetto che assicurava il maniglione al gradino, punto di arrivo della frittata cruda. Dopo una rapida occhiata al vicolo ancora deserto sollevò il metallo e varcò l’entrata: accesa la luce, si diresse verso il tavolo con tre sedie a cui faceva accomodare i clienti. Non sperava certo di individuare il responsabile, certi “artisti” lavorano col favore dell’oscurità. E le uova ormai rapprese le davano ragione: comunque inservibile anche per la colazione di qualcuno non troppo schizzinoso.
La peculiarità della sua libreria: un tè o il caffè con biscotti fatti in casa, prima di consigliare un libro partendo dalla quarta di copertina. Il nome della libreria, il sunto della storia, il sommario delle vicende narrate nei romanzi. E la vita di Monica la libraia, cinquant’anni, altezza media e capelli scuri, trucco minimo e sapiente. Abiti fatti in casa, come i biscotti, da donne del centro storico su modelli originali: a chi cuciva lasciava solo la scelta delle stoffe.
Anche per i libri che vendeva, sceglieva editori indipendenti e autori emergenti, lontani dai bookstore dei grandi; gli incassi non erano certo pingui, ma aveva di che vivere. E poteva coltivare la sua unica e vera missione, l’idea attuata nel suo piccolo regno.
Riempito con acqua il bollitore lo accese e cercò il numero sulla rubrica dello smartphone. Era l’ultima arrivata nell’elenco delle amiche.
– Non dirmi che sei ancora sotto le coperte. Oggi mi serve il tuo sostegno!
Alla breve risposta Monica reagì serrando la mano sinistra, tranciò la comunicazione e ascoltò le proprie parole.
– Una bella scusa, davvero. L’influenza il dieci di agosto: perché non dire “Non ne ho voglia” o “Il mio amore è arrivato all’improvviso”. Non ha mai capito la libreria in Via della Maddalena, figuriamoci poi l’orario di apertura. Secondo lei sarebbero i proprietari dei bar quelli che spargono sulla saracinesca insalate di uova e verdure. A causa delle colazioni che offro ai rari amanti mattinieri della lettura? O perché credono che un posto come il mio non ci azzecca con i vicoli genovesi? Amaro a dirsi, ma meglio sola…

Versò il tè, aggiunse il latte e lo zucchero. Pensando all’appuntamento che la attendeva, le labbra sottili disegnarono comunque un sorriso, prima di gustare l’infuso.

 

Sabato mattina si traduce per molti in sveglia senza allarmi o suonerie: nemmeno Mario Pinozzi fa eccezione, insieme alla prima poppata di caffeina dal seno stanco della vita. Da gustare con calma, un paio di ore dopo la levataccia dei giorni feriale: non certo quel bicchiere con liquido sporco erogato dalla macchinetta in ospedale.
E la doccia calda, anche in estate, godendo dell’abbraccio umido che gli scivola addosso senza fretta: diversamente dagli altri giorni di lavoro, tra un corpo e l’altro da sistemare, i familiari in ansia, le lacrime. Come talvolta accade perfino nel weekend, quando la natura o il fato combinano guai cui deve rimediare con il bisturi. Questo sabato niente problemi, nessuna spiaggia affollata o lotte tra asciugamani: lo attendevano una persona e dei libri all’ombra dei vicoli. Tradotto in altri termini sveglia alle otto in attesa della dose di stimolante, visto che Monica la libraia gli aveva proposto una sorta di caffè letterario a due. Brioche inclusa.

Mentre cercava gli indumenti minimi necessari per uscire, Mario ricordò il loro primo incontro . L’occasione era stata un evento serale con cibo e drink per strada, musica e negozi aperti a clienti e curiosi.
– Un’idea originale, dare al negozio il nome del lato B di un libro. – disse Mario
– Un commento maschilista, ma spiritoso signor…?
Monica tese la mano a Mario che la osservò a lungo prima di stringerla.
– Mario Pinozzi, scusami per la battuta. Non intendevo offendere.
– Niente scuse, almeno hai parlato sincero. Lo apprezzo. Ma adesso mi restituisci la mano?
– Hai dita gentili e decise, bello tenerle tra le mie. E questo anello, davvero originale.
Monica abbozzò un sorriso, gli occhi seri.
– Un ricordo di famiglia. Nella quarta di copertina di un romanzo questa scena a due sarebbe ideale. L’inizio di qualcosa, di una storia tra due vite.
– Qualcosa di bello? O di drammatico? – disse Mario, trattenendo la mano.
– Vedo che hai colto il senso: in poche righe l’autore accenna alla trama, traccia i contorni del protagonista e stuzzica l’immaginazione. – Monica liberò le dita.
– – O lancia una sfida al lettore, lo spinge a indagare.
Come preferisci, il risultato non cambia: leggerai comunque la vita di qualcuno e di chi gli sta accanto. E la “quarta” serve a farti scegliere libro e storia: ecco spiegato il nome della mia libreria.

Era passato un mese e il libro acquistato nell’occasione da Mario rimaneva aperto alle prime pagine, la copertina rivolta in alto.
Non si trattava di pigrizia, nelle dediche aveva letto che l’autore ringraziava una donna lodando le sue doti di libraia. Il nome di lei e la città del negozio fecero il resto: Monica e Genova. Non credeva alle coincidenze e la sua immaginazione era pigra, ma amava le sfide. Un giro di telefonate a due amici che si definivano lettori forti gli fornì soltanto scarsi indizi: la donna aveva iniziato l’attività in primavera, giunta da Milano, teneva titoli di scrittori emergenti o speranzosi, conduceva una vita riservata in campagna. Nei giorni successivi aveva rintracciato il numero della libreria e fissato un appuntamento, visto che la possibilità di andarci con gli amici era negata. I due erano di certo partiti per le vacanze, impossibile rintracciarli, mentre a Mario l’agosto in città non dispiaceva. E la colazione in libreria lo stuzzicava, anche in un sabato estivo.

– Bella questa libreria, ma non vedo nessun bricco fumante! – disse Mario, porgendo il pacchetto a Monica – Io ci metto le brioche e l’appetito, tu datti da fare con la polvere nera.
– Niente paura, miscredente. Preparo in un attimo, la moka è pronta; nel frattempo dai pure un’occhiata agli scaffali. Hai letto il libro?
Mario rispose citando le note salienti del romanzo, dal retro del volume, le poche parole lette oltre alla dedica.
– Almeno hai guardato il lato B, come lo chiami tu, anzi praticamente te lo sei imparato a memoria. – lei ammiccò sorniona.
– Toccato, ma a mia discolpa posso addossare ogni responsabilità ai turni di lavoro: massacrato dalle ferie dei colleghi, turni senza respiro. Con annesso crollo serale.
– Non cercare scuse, se non leggi romanzi non leggi la vita.
– Intendi dire che gli scrittori sono bravi cronisti che raccontano le vite degli altri?
Monica accarezzò con dolcezza il dorso dei volumi riposti negli scaffali, foggia e colori diversi; rigirò più volte l’anello al dito e versò il caffè in due tazze di oregio. Per Mario dose doppia.
– Acqua, sei lontano. Lo scrittore dà voce alla vita, trasporta nei romanzi storie di persone ordinarie che nessuno noterebbe.
– Ma si tratta di vite inventate, parto della fantasia di qualcuno. A meno che…
– Fuocherello, ti stai avvicinando. La vera questione è dove sta il confine tra finzione e realtà. E qual è il vero ruolo dello scrittore .
Mario grattò la barba sul mento, di due giorni, già ruvida.
– Ho una domanda diversa: che compito ha una libraia, si limita a divulgare queste vite in bilico tra realtà e fantasia?
Un sorriso di Monica, l’anello cambiò dito.
– Personalmente mi considero una sorta di testimonial che sponsorizza le vite di perfetti sconosciuti.
– Che accettano il rischio di essere identificati dai lettori dei romanzi.
Monica incassò l’osservazione di Mario senza muovere un muscolo.
– Non è prioritario, si tratta di un rischio calcolato. – replicò – Se hai condotto un’esistenza da invisibile può essere il giusto prezzo per finire sotto i riflettori.
Mario si era alzato, intento a curiosare tra i libri; ne sfogliò alcuni che ripose dopo avere letto la quarta di copertina, i cenni della storia e le note sugli autori.
Osservò Monica poi si avvicinò a lei, un volume in mano.
– E possono anche accettare di sparire nell’ombra dietro i riflettori.
Posò il libro sulla scrivania con la foto dell’autore in vista, tra le righe di riassunto della vita narrata all’interno.
– Franco Munoz, origini spagnole, ingegnere civile da sempre. Un matrimonio fallito, vita ordinaria e pochi amici fra cui il sottoscritto. Che tenta invano di contattarlo da parecchi giorni.
– Siamo in piena estate, anche i divorziati vanno in ferie. Non tutti amano restare in città come noi due.
Monica piantò gli occhi in quelli di Mario.
– Diciamo che a me non dispiace il caldo metropolitano, ma che fa una libraia non comune, la mattina di un sabato di agosto, con un chirurgo che legge poco?
Monica tolse l’anello dal dito e lo posò sulla scrivania. Fissò Mario con occhi placidi e liberò parole chiare.
– Cerca di convincerlo a raccontare la propria storia, è persuasa che abbia vissuto intensamente. E sia in grado di dire molto.
– Vedo che sei in gamba a cambiare le carte in tavola: ma dimmi, vale anche per il destino del protagonista? Sappi poi che uso più volentieri il bisturi della penna e la mia realtà ha spesso superato la fantasia più sfrenata.
– Si tratta di dettagli, ciò che conta è la trama: intrigante, mai scontata e i personaggi devono lasciare qualcosa.
Mario indicò con un cenno il libro sul tavolo.
– Qualcosa o tutto? A chi poi, ai lettori o alla proprietaria della libreria? E in cambio di cosa?
– Fissare il momento, una vita interessante, amicizie vere, amori travolgenti. Evitare una vecchiaia in solitaria e una morte anonima, ciò che sta scritto in questi volumi vivrà per sempre!
Preso il libro dalla scrivania lo agitò davanti al volto di Mario.
– Ma si tratta di un inganno! – disse lui – Tu offri la lusinga del riscatto da una vita anonima al prezzo della vita stessa. Proponi di diventare protagonista a chi era tagliato per un ruolo secondario, comunque utile per qualcosa o qualcuno. Hai creato dei kamikaze letterari che si immolassero in una guerra senza scopo: una vera burattinaia di anime fragili.
– Ho dato loro un obiettivo, li ho fatti sentire qualcuno almeno una volta nelle loro esistenze.
Mario afferrò il volume e osservò il prezzo.
– Quanto incassi in un mese con la libreria? Passando da qua non ho mai visto ressa di clienti. E da quanto va avanti questa storia dei romanzi? Ho notato volumi recenti e altri datati, di decenni passati: di certo non hai iniziato l’attività di “promoter” nell’infanzia.
Una pausa di silenzio, sguardi incatenati. Il respiro di Mario un poco affannoso, un accenno della sua “fame” si fece strada verso i muscoli. Strinse il libro con forza tra le mani, quasi lo accartocciava.
– Nulla da dire in proposito?
– Sei solo un altro piccolo uomo che non apre mai un libro, sputa sentenze e riempie i giorni di routine: ti senti così diverso dagli scrittori protagonisti dei miei romanzi?
Il medico sollevò gli occhi e scosse la testa.
– Non ti ho giudicato, ho solo chiesto. La mia routine è fatta di sangue, sudore e lacrime e ogni giorno sfoglio pagine di vita che neanche immagini. Ora mi dici chi sei veramente?
Monica infilò l’anello all’anulare sinistro e porse la mano a Mario.
– C’eri quasi arrivato: oltre ai libri sta tutto in questo gioiello. Ma non chiedermi altro: facendo quello in cui credevo ho regalato vite straordinarie a persone ordinarie. Se ne sono andate lasciando una firma, un autografo e fissato attimi che resteranno come li hanno scelti. Hanno deciso di non subire una vecchiaia che non intendevano accogliere. Ora vai anche tu, a casa, in ospedale o alla polizia: non mi hai compreso, spero almeno tu sappia cosa fare.
E tieni pure il romanzo del tuo amico, ma leggilo.

Anche il ferragosto era passato, l’afa insisteva e giunsero i primi temporali. Dopo la pizza e il caffè Mario rinunciò all’uscita con l’ombrello e si dedicò al libro dell’amico scomparso. Il foglio bianco fece capolino dopo poche pagine, piegato, scritto a mano con grafia elegante.

“Il chirurgo cura i corpi sofferenti, il cuoco sazia gli appetiti, il libraio vende libri. Bugia, il libraio conosce storie e consiglia il lettore: avventure, amori, tragedie e commedie, omicidi e nascite. In un libro trovi tutte le vite che desideri, riflessi di esistenze reali: è appagante riuscire a soddisfare le aspettative di chi legge, far vivere un sogno, un film. Ma si tratta pur sempre di vite inventate in cui il lettore cerca qualcosa o in cui fugge da qualcuno. Mia nonna, la proprietaria dell’anello, ebbe l’intuizione: perché non dare corpo a personaggi nell’ombra, mostrare vite invisibili, rendere protagonisti delle mere comparse? Anche un secolo fa esistevano editori, tipografie e donne che lavoravano in libreria, a Milano i caffè letterari non erano un’eccezione. Molti spiriti vivi abitavano corpi in letargo che non riuscivano a destare: a noi spettava il compito di far vivere i sogni, questo abbiamo fatto io e mia madre guidate dalla sua. Il logo dell’antica libreria era il simbolo di famiglia, l’anello che hai visto al mio dito: simboleggiava un legame, una promessa. Solo qui a Genova ho “modernizzato” il nome e l’insegna, e ti ho spiegato il significato.
Chi legge un libro, come chi lo scrive, riceve e dona qualcosa: non ho rubato nulla al tuo amico né agli altri, salvo la loro storia che ho regalato a molti. Buona lettura. Monica”.

Sopracciglia sollevate e fronte corrugata, un massaggio al mento per trovare la barba rassicurante; nessuna voglia di giudicare, in testa il ricordo del giorno precedente: l’immagine della libreria chiusa e il cartello “Affittasi” sulla saracinesca.
Mario aprì la finestra per accogliere l’aria fresca e riprese la lettura del romanzo.

Marco Moretti

Informazioni su Scrittori in Corso

Collettivo di scrittura e laboratorio di stile di scrittura creativa. Dal Marzo 2015 si promuove come ritrovo per autori emergenti e non, con lo scopo di migliorare la fruibilità delle produzioni letterarie contemporanee in un contesto di social media. Non costituisce una testata giornalistica ai sensi della legge n. 62 del 7-3-2001.
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